Bicicletta
La seguivo con il fiato corto, lungo la strada
che correva su, per la salita oscurata dall'ombra degli alberi. Leggere folate
di vento alzavano dalle sue esili spalle, leggere ciocche di ricci capelli.
Lievemente distanti ma uniti, mentre la natura intorno a noi seguiva il nostro
gioioso andare.
Una luce improvvisa, calda intensa ci avvolse in essa. Non ci
fu stupore, paura o incertezza, continuammo a pedalare lungo la strada segnata
da margherite colorate. Lei giro lo sguardo a me, ed il sorriso le schiuse le
labbra. Senti una lieve brezza accarezzare il mio petto nudo, ero nudo,
completamente nudo, avvolto da questa luce bianca che si diradava. Alzai lo
sguardo e la vidi nella sua bellezza, il rosa pallido del suo corpo nudo, apriva
la nube bianca e si cominciò ad intravedere un mare verde, un immenso prato
verde sotto un cielo azzurro pastello.
Pedalavo senza fatica, mi affiancai ad Anna e
rimasi ammirato nel guardare le sue forme ondeggiare dolcemente, lei mi guardo
e senza un perché ridemmo sentendoci avvolti da una energia di gioia e di
libertà. Si fermo improvvisa, mi fermai, scesi dalla bici, mi strinse la mano,
e mi indico un grande cespuglio di margherite bianche, dalla forma strana,
fitto, intenso, impenetrabile.
Mi strattonò per invitarmi alla corsa, la segui,
lei rideva mentre i suoi capelli svolazzanti, solleticavano il mio volto. Che
bella Anna, nelle sue forme delicate, quasi a voler chiedere scusa di esserci,
con la sua gioia, con la sua energia, avrei potuto vivere la mia vita anche solo
per questo momento. Stringeva forte la mia mano come due anelli di una catena,
e mi tirava, e si girava e mi guardava e sorrideva, e mi illuminava con la sua
luce, ci tuffammo sulla margherite come fossero un materasso che la natura
aveva preparato per noi. Ci sedemmo uno di fronte all’altro, e ciascuno di noi
aveva uno sfondo verde prato e azzurro cielo, che si perdeva all’orizzonte,
come se il mondo fosse solo li, in questo grande cespuglio. Le passai le mie
dita tra i suoi ricci capelli, mentre lei mi guardava intensamente, le lasciai
scivolare giù sulle spalle e le sfiorai con le mie incerte dita i capezzoli
rivolti a me. Le chiesi, dove siamo, è questo il pianeta di Arret? Siamo nella
dimensione dei nostri sogni, baciami Marco.
Le nostre labbra si avvicinarono
piano, mentre le nostre mani erano unite lungo i suoi fianchi. Dapprima si sfiorarono con la delicatezza di una
farfalla, poi si schiacciarono le une contro le altre, morbide, umide, dolci si
cercarono le nostre lingue, mentre gia i nostri corpi si erano stretti, il suo
seno sul mio petto.
Il nostro bacio durò un istante, un giorno, una vita. Le
sue mani scorrevano leggere su di me, le mie dita solleticavano il suo corpo.
Mi guardava, con occhi intensi e bocca socchiusa, io sorridevo appena per la
grande gioia. Mi sembrava che io e lei fossimo nati e cresciuti insieme, li
proprio dove eravamo, ieri, oggi, domani, sempre.
Mi prese le spalle e mi porto
verso di lei, ci baciammo, i nostri
corpi si unirono, si intrecciarono, si girarono, si fusero nell’uno e come nel
big ben, esplosero creando energia, generarono vita.
Il tempo si era fermato,
il respiro si era fermato, il mondo sembrava fermo, ma forse nasceva proprio in
quell’istante.
Marcello Turco - gennaio 2013
Marcello Turco - gennaio 2013


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