La vita odierna ci porta a vivere la nostra giornata sempre di corsa,
di ritrovarsi a sera, pensando alle cose che bisognava fare e che non si sono
fatte, e a quelle che dovremo fare domani.
Ma quando il telefono ha squillato, il tempo si è fermato,
la mente si è concentrata su di un unico pensiero.
“Ciao, venerdì 21
settembre organizziamo una cena con il nostro Maestro Francesco Sisca e con tutti i nostri compagni
che possono venire, che fai?” Vengo, ho risposto prontamente.
Mamma mia, chissà come sarà rivedere i compagni della scuola
elementare del periodo 1969-1974, dopo 38 anni. Ma verranno, e cosa ci diremo e
cosa faremo. Domande e domande che si affollano ora nella mia mente.
L’anno scorso avevo aperto una pagina su facebook “Francesco
Sisca il nostro Maestro”, così ad intuito, per istinto, forse ero alla ricerca
del mio tempo e delle emozioni trascorse, dei ricordi perduti, ma non immaginavo che un giorno ci saremmo
rivisti, tutti ed insieme al nostro Maestro che ormai ha collezionato 92
primavere.
I giorni successivi sono
trascorsi interrotti dai messaggi di Franco Dattilo che ci aggiornava sugli
sviluppi dell’organizzazione, chi viene, chi no, chi forse. L’orario, le foto, la targa ricordo per
il maestro, la cena, la torta, un susseguirsi di messaggi, che scandivano il
tempo, la distanza. Arrivavano come i tuoni che preannunciano il mal tempo,
temporale di emozione, fulmini di adrenalina.
Ed ora eccomi qua, lasciato tutto e tutti, ci sono , sono le
18,15 del 21 settembre, sono arrivato per primo, sulla scalinata della Scuola Elementare Maggiore
Perri, la nostra scuola, il nostro inizio al mondo, alla vita, alla conoscenza.
Eccoli, da tutte le
parti arrivano i miei compagni, all’improvviso, li rivedevo dopo lunghi anni,
diversi ma uguali, tutti raggianti, tutti sorridenti, tutti emozionati.
Da quel momento è cominciata a fluire energia, energia
positiva, il tempo si è fermato, tutto scorreva, in questa dimensione
catartica, di regressione.
Mi sono ritrovato a letto alle 3 di notte che non riuscivo a
prendere sonno.
Abbiamo fatto la foto sulla scalinata, come quella di 38
anni fa, che avevo scannerizzato e messo su Facebook, come richiamo della
memoria. Nella stessa disposizione di allora. I passanti ci guardavano stupiti,
si coglieva l’eccezionalità dell’evento. La foto è bella, ma rappresenta solo
noi, l'istante, non può rappresentare però l’emozioni e le sensazioni che ciascuno di noi
provava in quel momento.
Stavamo scrivendo una pagina della nostra vita, che sarebbe
rimasta indelebile dentro di noi fino all’ultimo respiro.
Ma ci siamo spinti oltre, siamo andati nella nostra ultima
classe e naturalmente ciascuno si è seduto al suo posto, tutti ricordavamo i loro posti dopo 38 anni.
Ma il tempo stringe ed il Maestro ci aspetta, si ci aspetta,
come ha fatto tutte le mattine per cinque anni.
Ci siamo raggruppati per un brindisi nel bar del nostro
compagno Antonio Caccamo, dove Federico Coccia ha lanciato la proposta, di aprire una colletta per comprargli un frigo
nuovo, vista che lo spumante era caldo come il brodo. L’emozione ha lasciato il
posto all’allegria ed alla goliardia.
Siamo nella bellissima piazza di Filadelfia,
dove ad ogni angolo campeggia un campanile, e ci siamo avviati nel locale
bellissimo, scelto da Giancarlo Anania.
Giovanni Calabria e Riccardo Pandolfo sono andati a prendere
il Maestro ed a prepararlo all’emozione del momento.
Mi risulta difficile rendere le sensazioni nostre e del
Maestro, quando è arrivato. La voce muta, le lacrime, gli abbracci, gli
applausi.
Poi di nuovo l’appello, come allora, come 38 anni fa, che in
quel momento sembravano non fossero mai trascorsi
Mi ha sorpreso piacevolmente il gesto di un mio compagno, un
uomo ormai affermato, con un ruolo importante nella comunità, baciare con
naturalezza, in segno di rispetto, la mano del Maestro.
Abbiamo , come facevamo tutte le mattine, prima di
cominciare la lezione, recitato insieme la preghiera.
Naturalmente la cena era solo un pretesto, un intercalare,
tra poesie, messaggi, risate e battute.
Sono state lette le bellissime lettere di Maurizio
Grandinetti e Nuccio Tallone assenti. Ascoltare le loro parole, era come
ascoltare se stessi, leggersi dentro.
Momenti emozionanti, si susseguivano,tra scherzi e risate.
Il Maestro ci ha letto, nel silenzio più totale, la poesia
che ha scritto per noi, solo per noi, per quel preciso momento.
Abbiamo con lui rivissuto i momenti di studio e di
divertimento passati, il torneo di calcio il sabato, le partite della nazionale
a casa sua o nel corridoio della casa di Giacomo Vinciguerra, le frasi di
latino, le poesie di Trilussa e di Butera, letto insieme il nostro programma
scolastico di allora.
Ma Nicola Mazzocca, ad un certo punto ha tirato fuori i
punti, che aveva così lungamente conservato. Dei foglietti che il Maestro compilava
di pugno, e ci dava per premiarci per risultati raggiunti. Naturalmente a fine
anno chi aveva accumulato più punti, vinceva un elicottero rosso, vero non
giocattolo. La cosa più bella e che forse non credevo più a Babbo Natale, ma
credevo, senza dubbi, nella possibilità di vincere l’elicottero. Anni dopo, molti anni dopo,
Benigni, nella “vita è bella”, prometteva al figlio come premio un carro armato vero.
Ma di ricordi nel passato,
ne sono venuti fuori tanti, e ci hanno riportato indietro, nei nostri anni
spensierati.
Ogni tanto mi fermavo, mi estraniavo a guardare con
attenzione, con ammirazione, i miei compagni, li scrutavo, miscelavo momenti
passati con loro e l’attimo che stavamo vivendo insieme, di nuovo.
La felicità, quella che noi inseguiamo, che ci fa spendere
soldi, che ci fa fare cose strane, era li con noi e tra noi. Il tempo si era
fermato, avevamo tutti 10 anni ed eravamo con il nostro Maestro. Eravamo tutti
amici, disinteressati, solo amici, come un tempo, non ci importava chi eravamo
diventati, ma solo di essere di nuovo insieme, per un giorno, per una sera.
La felicità è quella che ho provato mentre parlavo seduto
vicino al Maestro e lui mi ha preso la mano tra le sue, come fosse un padre,
come se il destino della vita ci facesse appartenere , nonostante tutto.
La cena era finita, il maestro era andato via, ma noi
avevamo voglia di protrarre il momento.
Sms in arrivo di Franco Dattilo, tutti a Piazza Della
Repubblica all’1,25.
Siamo andati tutti insieme in un bar, siamo stati a ridere e
scherzare, a congelare il tempo, tra un cornetto e una bevuta.
Mentre noi raccoglievamo i soldi, un nostro
compagno, con indifferenza ha pagato lui per tutti, non ostentando la cosa, con
semplicità e gioia. Vedo e vivo queste cose di rado, e ho pensato di nuovo come
il Maestro ci abbia lasciato la sua impronta, romantica, epica, uomini liberi e
con senso alto senso etico e di amicizia e rispetto.
In quel gesto ho capito perché
eravamo tutti corsi da lui, ho capito che per una volta nella vita ero stato
fortunato ad essere stato l’alunno del Maestro
Francesco Sisca negli anni tra il 1969 e il 1974
Ma il momento è arrivato, il momento dei saluti, dell’arrivederci,
il momento dei propositi, degli indirizzi scambiati, degli abbracci.
In un solo momento, in un attimo, siamo ritornati grandi,
adulti, e siamo ritornati a vivere la nostra vita, quella di oggi, ma con i
ricordi di ieri ancora più vividi ed emozionanti.
L'alunno Marcello Turco




Marcello sei tutti noi!
RispondiEliminaNuccio
Caro Marcello,sei riuscito a cogliere tutte l'emozioni in una sola mezzagiornata. Sei stato in gamba. Fantastico! Grazie rick
RispondiEliminaAllora era proprio un maestro speciale!
RispondiEliminaScusa, ma io non conoscendolo ed avendolo incontrato solo in un libro ho scritto questo...
Ippolita - La regina della litweb
mercoledì 27 marzo 2013
Casa Alzal
Casa Alzal- Me ne sono andata
Casa Alzal: Una casa accoglienza per ammalati di demenza senile.
Sono in anticipo, aspetto il mio papà, stiamo facendo varie prove affinché lui si abitui a venire qui, da quando lo abbiamo disperso nella nebulosa degli atti di riconoscere, di orientarsi. Certo è ancora autonomo, si fa per dire, è autonomo fin quanto regge una solida rete familiare, un sostegno di accudimento, di pazienza, di rinunce.
Seduta sulla cassapanca li guardo mangiare, un grande tavolo, molti anziani.
Accanto a loro tavolo gli operatori, giovani, entusiasti, partecipativi.
Un uomo dall’età del mio papà mi saluta, un uomo elegante.
Vestito blu a righe sottili, cravatta, gilè, camicia.
Molto ben vestito, curato, un uomo gentilissimo.
Mi parla con distinzione, io lo interrompo, non capisco, poi cerco di orientarmi anche io.
Guardo l’operatrice, ascolto lei, mi distraggo, faccio le foto, sfocate, ai ragazzi, ritorno a sedermi accanto a lui, a Gerardo, il suo nome.
Mentre ascolto, mentre guardo i visi di uomini, di donne smemorate, una grande tristezza, una infinita malinconia, e la voglia di urlare, di piangere, è forte.
Lui continua a parlarmi, io ne sono rapita.
Accanto a me un libro di poesie.
Lo ha portato lui, è il libro del maestro Francesco Sisca.
Lo sfoglio, lo leggo.
Poesie delicate e dedicate alla sua terra. Una sezione è di narrativa, con il ricordo di chi non c’è più, per fissare la loro vita sul foglio.
Alunni scomparsi troppo presto, amici, conoscenti, alcuni, noti a tutti in città, li ricordo anche io
Leggendo non mi accorgo che hanno finito di mangiare, che tutti ci siamo persi, noi, loro, che anche la mia città ha assunto i tratti di una demenza svaporante e ormai da troppo tempo vaga nelle nebbie brumose di un inverno di sentimenti.
Leggo e rileggo poi alzo gli occhi e rivedo gli occhi belli e fiduciosi di Gerardo, sento il suo saluto, ne sono felice, mi sento vicinissima ora a lui, a loro, alla mia città
Prendo in macchina un libro, appena comprato, Seneca, La vita beata, lo regalo a lui, e prometto che mi siederò e racconterò anche io di loro, di noi, affinché il foglio viva per noi,
affinché il foglio fissi su carta, su web, sul blog, la grande avventura di ogni vita, la grande illusione di essere almeno presenti, almeno un momento, nell’affetto di un altro.
Per non dimenticare, per non essere dimenticati, per non dimenticarsene.